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martedì 22 settembre 2009

Ecco a voi il vaccino H1n1...ma con quali effetti collaterali?

Fortunatamente, a breve ci sarà l’autorizzazione all'utilizzo del vaccino.

È di pochi giorni fa, infatti, la notizia della firma da parte del viceministro della sanità Ferruccio Fazio dell’ordinanza che porterà alla vaccinazione, contro la pandemica “influenza A”, del 40% della popolazione italiana. Inizialmente - dal primo di ottobre - saranno i medici e le persone che lavorano nei servizi “essenziali” a subire il benefico elisir, poi toccherà alle categorie “a rischio” - malati cronici e bambini con gravi malattie cardio-respiratorie - infine, ai giovani fino a 27 anni, a partire da Gennaio 2010.

Preso atto dei piani del governo - peraltro in linea con quanto succede in altri stati come Francia e Stati Uniti, che hanno già speso più di un miliardo di euro per il vaccino - la domanda che il cittadino comune si pone e che da giorni gira in internet è questa: cosa contiene il vaccino e quali sono le sue controindicazioni? I componenti classici dei vaccini sono da sempre virus morti o depotenziati, ma anche sostanze chimiche e antibiotici. La domanda vera è, quindi, quali sostanze? Per la prima volta da quando si parla di vaccino per l’H1N1 pare sia possibile sapere qualcosa della sua composizione.

Nell’ordinanza di vaccinazione del viceministro è contenuta un’informazione passata in sordina, ma decisamente importante: il vaccino che verrà somministrato in Italia conterrà l’immuno-coadiuvante MF59 , e non è una buona notizia. L’MF59, conosciuto anche come squalene, ha lo scopo di aumentare la risposta immunitaria del nostro corpo a seguito della somministrazione del vaccino. In un certo senso si può quindi dire che rende il vaccino più forte, ma questo non è tutto.

Cosa contiene questo vaccino e quali sono le sue controindicazioni? Lo squalene è una sostanza presente naturalmente nell’organismo umano, soprattutto nel sistema nervoso. Questo fatto non darebbe, in una situazione normale, alcuna ragione al sistema immunitario di aggredirlo. Il problema è che l’iniezione è una via d’ingresso “anormale” dello squalene nel corpo, ed è proprio questo che fa sì che tale sostanza venga improvvisamente considerata “cattiva” dal sistema immunitario e quindi aggredita, ovunque si trovi, nel sangue come nel sistema nervoso dove è vitale.

A sostegno di questa affermazione riportiamo una ricerca condotta alla Tulane Medical School sui veterani della Guerra del Golfo vaccinati contro l’antrace con un vaccino contenente l’immuno-coadiuvante MF59:

“ …la maggioranza sostanziale (95%) dei pazienti che svilupparono la Sindrome della Guerra del Golfo (Gulf War Syndome) aveva anticorpi verso lo squalene. Tutti (100%) i pazienti GWS immunizzati per il servizio Tempesta del Deserto/Scudo del Deserto che non furono impiegati, ebbero gli stessi segni e sintomi di quelli che lo furono, ovvero anticorpi allo squalene.

Per contro, nessuno (0%) dei veterani impiegati nel Golfo Persico senza segni e sintomi della GWS avevano anticorpi allo squalene. Né i pazienti con malattie idiopatiche e autoimmuni, né i controlli sulla salute mostravano un siero riconoscibile di anticorpi allo squalene. La maggioranza dei pazienti con i sintomi della GWS avevano invece detto siero.”

Ma se queste sono le conseguenze, per quale motivo la Novartis – che produce il vaccino come anche la Glaxo – si prenderebbe un rischio simile? Non sarebbe sufficiente un vaccino che non contiene l’MF59? Come abbiamo detto, lo squalene aumenta la risposta immunitaria alla vaccinazione e questo ha come primaria conseguenza il fatto che ogni dose di vaccino necessiti di una quantità inferiore del vaccino stesso, con un conseguente aumento delle dosi a parità di vaccino disponibile.

L’MF59 non è altro, quindi, che la risposta della Novartis alle necessità del mercato.

Il mercato, ovvero milioni di persone, ha paura dell’influenza “più mortale della storia” e chiede a gran voce un vaccino? Bene, la Novartis, ne produce uno in 4 mesi, non lo testa adeguatamente – non ce ne è il tempo e poi è costoso – e a questo aggiunge lo squalene che lo rende più potente e permette di venderne una quantità di dosi che risponde alle richieste.

Non sarebbe sufficiente un vaccino che non contiene l’MF59? Il tutto per il mercato, quel mercato fittizio creato dai media e dall’OMS amplificando paure e gridando all’untore. Un mercato che varrà qualche miliardo di dollari per le case farmaceutiche e che darà margini ancora maggiori con l’MF59, una sostanza che per le “qualità” sopra descritte non è stata approvata dalla Food and Drug Amministration americana e che non sarà quindi presente nella versione americana del vaccino.

In Europa sì. In Italia sì.

Secondo il Dr Viera Scheibner, già ricercatore scientifico del governo australiano: “…questo coadiuvante [lo squalene]
contribuì alle reazioni a cascata chiamate "Gulf War Syndrome," (sindrome della Guerra del Golfo) documentate nei soldati coinvolti nella Guerra del Golfo.

I sintomi da loro sviluppati includevano: artrite, fibromialgia, adenopatia, irritazioni cutanee fotosensitive, fatica cronica, emicranie croniche, perdita abnorme di peli, lesioni cutanee non guaribili, ulcere da afte, vertigini, debolezza, perdita di memoria, attacchi epilettici, cambi di umore, probelmi neuropsichiatrici, effetti antitiroidei, anemia, alto tasso di sedimentazione degli eritrociti, lupus eritematoso sistemico, sclerosi multipla, fenomeno di Raynaud, sindrome di Sjorgren, diarrea cronica etc.”

Non male come effetti collaterali.

Certo qualcuno potrebbe pensare che questo è allarmismo alla rovescia. Ciò su cui bisogna concentrarsi, però, sono i tempi. Non si confeziona un vaccino in quattro mesi e soprattutto non lo si testa e controlla in sole due settimane. È pericoloso o quanto meno insicuro dichiarare il contrario. Ad ogni modo, l’influenza A sembra avere un tasso di contagio e mortalità inferiore a quello di una normale influenza: solo in Italia nel 2008-2009 la temutissima australiana ha contagiato più di 2.000.000 di persone, mentre fino ad oggi la “suina” conta nell’intera Europa non più di 50.000 casi.

Quindi, la domanda finale è: perché vaccinarsi? Il gioco vale la candela?

Per governi e case farmaceutiche pare di sì, ma per voi?

fonte:

http://www.terranauta.it/a1361/salute_e_alimentazione/vaccinazioni_contro_l_h1n1_quali_le_controindicazioni.html

N1H1

Il virus dell’influenza mortale H1N1, che sta alimentando timori per il rischio di una pandemia globale, sembra essere un ibrido di due forme comuni di febbre suina. Lo riferiscono a Wired.com gli scienziati che stanno studiando la malattia. I primi rapporti affermavano invece che si trattasse di una combinazione di forme d’influenza suina, umana e aviaria.

La scoperta potrebbe risolvere alcuni dubbi circa la natura del virus, ma molto rimane ancora sconosciuto riguardo all’origine e agli effetti.

“Questo è ciò che chiamiamo un ‘riassortimento’ tra due influenze virali attualmente circolanti tra i suini” ha affermato Andrew Rambaut, genetista virologo presso l’Università di Edimburgo. “Sul perché il virus sia emerso nell’uomo ci sono solo congetture. Da quanto mi risulta, fino ad ora era presente solo tra i suini”.
Rambaut ha analizzato la sequenza genica di campioni del virus presi da due bambini infetti in California. I campioni sono stati raccolti dai Centri di controllo e prevenzione delle malattie e resi disponibili ai ricercatori attraverso un database internazionale del genoma influenzale.

Le sue conclusioni sono state riecheggiate da Eddie Holmes, specialista in evoluzione virale presso l’Università della Pennsylvania, e da Steven Salzberg, bioinformatico dell’Università del Maryland. Entrambi hanno osservato le sequenze fornite dal Centro di controllo e prevenzione, che non siamo riusciti a rintracciare per farci rilasciare dei commenti. Tuttavia, un documento rilasciato agli scienziati, e che Wired.com ha potuto consultare, conferma le loro analisi.

I ricercatori credono che i campioni della California costituiscano la stessa forma virale che si ritiene abbia causato la morte di più di 150 messicani tra i 1,600 ospedalizzati, e infettato centinaia di persone nel mondo, incluse 64 negli Stati Uniti. Ma, dal momento che i campioni provenienti dal Messico non sono ancora stati sequenziati, la similitudine non è ancora conclusiva.

Le due forme, i cui geni sono stati raccolti dai campioni della California, appartengono a ceppi influenzali comunemente conosciuti come influenza suina nordamericana ed euroasiatica. La prima è stata descritta per la prima volta negli anni ’30, e la seconda nel 1979. La forma euroasiatica è generalmente rinvenuta in Europa e in Asia, piuttosto che nel Nord America.

Ma nessuna delle due forme ha mai mostrato un contagio nell’uomo. Secondo quando riportato, uno dei geni ereditato dalla forma euroasiatica non è mai stato osservato negli uomini. Questo gene porta il codice dell’enzima neuraminidasi - ovvero N1 in H1N1 – che controlla l’espansione del virus dalle cellule infette.

“Il nuovo gene neuraminidasi che proviene dai suini euroasiatici è uno di quei geni che non abbiamo mai visto prima circolare negli umani”, ha affermato Rambaut. “E questo è il motivo per cui il virus si sta diffondendo così rapidamente. Pochissime persone hanno un sistema immunitario capace di reagire a questa particolare combinazione, e per questo temiamo che possa diventare una pandemia piuttosto che una normale influenza stagionale. Resta da vedere quanto e fino a che margine ci sia un’immunità esistente”.
In termini medici, le origini genetiche del virus potrebbero non essere rilevanti. Se proviene esclusivamente dai suini o dall’insieme di suini, uccelli e umani, ciò non cambia la sua novità immunologa.
In ogni caso, capire le origini potrebbe aiutare gli scienziati a determinare come il virus si evolve e da dove emerge.

I primi casi sono avvenuti nella città di La Gloria, nello stato messicano di Veracruz, non lontano da una grande azienda di allevamento di maiali, notoriamente non igienica, e gestita da Granjas Carroll, una filiale del gigante americano alimentare Smithfield Foods.

I cittadini di Veracruz ed alcuni giornalisti sospettano che il virus si sia originato nella fattoria, poi si sia trasmesso agli umani attraverso l’acqua o insetti contaminati dall’immondizia infetta. Molti ricercatori, inclusi gli autori di un rapporto rilasciato lo scorso anno da Pew Commission on Industrial Farm Animal Production, avevano ammonito che le condizioni non igieniche presso l’azienda potessero rappresentare terreno fertile per nuove forme di virus.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha inviato degli ispettori presso l’azienda Granjas Carroll. I risultati dell’inchiesta non sono stati resi noti. Ma Smithfield ha rilasciato un comunicato stampa lo scorso sabato 25 aprile dichiarando che “non sono stati rinvenuti indizi clinici o sintomi della presenza di influenza suina né nell’allevamento né nei dipendenti della filiale in Messico”. La società ha declinato la richiesta di ulteriori commenti, ma l’amministratore delegato Larry Pope ha detto a USA Today che “(il termine) febbre suina è improprio”.

Rambaut, Holmes e Salzberg si sono rifiutati di fare delle speculazioni circa la possibilità che il nuovo virus H1N1 si sia originato presso la struttura di allevamento di Granjas Carroll. Ma comunque sembra probabile che siano stati i maiali i primi ad aver originato l’influenza.

“È una conclusione logica”, dice Salzberger, “Sono stati probabilmente due diversi maiali, oppure uno che è stato co-infettato dagli altri. Le due forme virali si sono combinate, e ora ci troviamo davanti a una forma del tutto nuova”.

“Presumibilmente da qualche parte c’è stato un animale contagiato da entrambe le forme di virus. Non sappiamo dove o quando. È possibile che questa influenza circoli già da qualche tempo” afferma Rambaut.
Cosa succederà si può solo ipotizzare.

“Il virus influenzale muta rapidamente, dunque non c’è dubbio che muterà e si evolverà in virus umano” dice Holmes, “Ma a quali risultati porterà questa evoluzione è difficile prevederlo”.

fonte wired.it